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01/10/2004 Michele Coralli | |
Del grande proliferare di talenti vocali "sommersi" qui da noi non se ne fa mistero, anche se spesso il termine talento dalle nostre parti finisce col sovrapporsi alla peggiore delle qualitą musicali di un artista, la vocazione virtuosistica, che ancora ci spinge indietro di cento anni e pił, alla nostra miseranda e provinciale tradizione del Bel Canto. Francesca Breschi, gią componente dell'ultimo acclamato Quartetto di Giovanna Marini, non appartiene a quella tradizione che attiene pił all'Accademia, ma scivola spesso in un accademismo di ritorno in cui riproposte folcloriche, elaborazioni di repertori madrigalistici (Morte di Clorinda di Monteverdi), interpretazioni di due classici degli Area come Cometa rossa e Luglio, agosto, settembre (nero), canzoni pop dei Litfiba, evocano un modo di guardare a certi repertori in un modo scolastico, ingessato e poco dinamico. Manca, a nostro parere, una spinta in avanti per superare l'idea della riproposizione e passare a quella della rivisitazione, della trasfigurazione. E un po' lo stesso difetto che caratterizza certi omaggi ai grandi cantautori scomparsi o a certi gruppi pop del passato, ovvero quello di replicare, di far rivivere clonando. Musicisti raffinati come Francesca Breschi meritano di superare questa empasse dell'interprete per passare a un ruolo veramente protagonista dei propri straordinari mezzi. | |
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